31 marzo 2015
LA LINEA POLITICO/DIPLOMATICA
La linea d’azione politico diplomatica, può svilupparsi secondo due direttrici:
La prima deve tendere alla realizzazione di una compatta coalizione, il più estesa possibile di Stati democratici non caratterizzati da una struttura politica istituzionale, condizionata e dipendente dal credo religioso islamico. Può comprendere al suo interno, presenze di Nazioni a prevalenza mussulmane, purché strutturate istituzionalmente in maniera non condizionata dal Credo religioso.
Tale coalizione dovrà:
da una parte, sottoscrivere una ferma dichiarazione di impegno per il contrasto ad ogni forma di aggressione terroristica, sulla base dei principi di libertà e democrazia, secondo quanto previsto dallo statuto delle Nazioni Unite, impegnandosi a partecipare a tutte le iniziative di contrasto e di mutuo soccorso, messe a punto nell’ambito delle linee strategiche di intervento, che verranno indicate in seguito. La valenza e l’importanza di tale dichiarato impegno è fondamentale, per poter opporre con successo un baluardo di volontà convergenti sul piano globale in ambito mondiale ad un fenomeno che, se non adeguatamente contrastato, può arrecare gravissimi danni alla stabilità ed al progresso della società umana.
La seconda direttrice politico/ diplomatica, di carattere più squisitamente operativo, consiste in una azione di persuasione e pressione politica da esercitare, da parte di tutti gli Stati partecipi della coalizione prima indicata, nei confronti di tutti gli Stati a conduzione e struttura politica islamica, affinchè comprendano, che il fenomeno costituisce un aspetto negativo e pericoloso, soprattutto per lo stesso mondo islamico e, conseguentemente, dichiarino, pubblicamente, la loro avversità alle iniziative terroristiche, di conclamata falsa ispirazione e giustificazione religioso/politica. Dovrà del pari essere bloccata ogni forma di assistenza e finanziamento, eventualmente esistente nel loro ambito, al fine di raggiungere l’obiettivo di togliere, parafrasando Mao Tze Tung, “l’acqua al pesce”, e, in tal modo, anemizzare la presenza e l’origine di consenso in ambito arabo/mussulmano.
E’ indispensabile che nell’ambito degli Stati arabi e della stessa società araba si comprenda, al di là di ogni condizionamento sentimentale o revanscista, che l’estremismo islamico, rappresenta un grave pericolo, soprattutto per il progresso e lo sviluppo della stessa società islamica. L’apporto alla lotta al terrorismo islamico che può essere portato da una decisa e coraggiosa posizione, all’interno della comunità araba, costituisce un elemento fondamentale per l’azione di contrasto e “conditio sine qua non” per l’eliminazione del fenomeno. I Governi e l’intera società araba, non debbono limitarsi, in occasione di attentati, a manifestare la propria contrarietà e la propria solidarietà, ma debbono impegnarsi con tutte le loro risorse a isolare e contrastare le organizzazioni terroristiche e i loro adepti. Una azione in campo politico/diplomatico deve tendere a questo risultato.
L’Italia potrebbe assumere l’iniziativa di indire, a Roma, una conferenza di tutti gli Stati della Lega Araba, al termine della quale fosse emanata una dichiarazione comune di sconfessione nei movimenti estremisti .
LA LINEA D’AZIONE RELIGIOSA.
Non si può ignorare che, seppur in termini distorti, la lotta di tipo terroristico, condotta dalle diverse fazioni dell’estremismo islamico, si regge anche su una forte ispirazione di carattere religioso. Tale ispirazione genera una enorme forza di convinzione sulla legittimità dell’azione terroristica ed esalta enormemente, negli adepti, il coraggio e lo spirito di sacrificio.
Da parte delle autorità religiose islamiche, deve essere emanato un messaggio forte e inconfutabile che dichiari falsa, sul piano religioso, una interpretazione distorta del Corano. La religione islamica è un credo di pace e di convivenza sociale, non un credo di violenza e di lotta.
Data la grande considerazione in cui è tenuto il dettato religioso in seno all’Islam, questa seconda linea d’azione costituisce un apporto essenziale per determinare la perdita di consenso nei confronti dei terroristi in ambito mussulmano e la cancellazione delle motivazioni religioso – spirituali per l’estremismo.
Se le dichiarazioni di rifiuto nei confronti degli atti terroristici proclamate da alcuni capi religiosi islamici dopo i recenti attentati sono sincere, nelle moschee si dovrà predicare la pace e la convivenza e non la lotta all’infedele.
In tale contesto una parte molto importante può essere recitata dai vertici delle altre religioni, sostenendo e incoraggiando l’azione del clero mussulmano con incontri ecumenici, nei quali si predichi la pace e la comune convivenza. L’azione diplomatica di Papa Francesco sta già andando in questa direzione e sta già ottenendo buoni risultati.
LA L I N EA S T R A T E G I C A D I D I F E S A O P E R A T I V A NAZIONALE.
I sistemi di attacco di tipo terroristico, pongono il conflitto sul piano asimmetrico, creando per la difesa situazioni operative che escono dalle procedure classiche, e determinano la necessità di individuare sistemi particolari per l’azione di contrasto. L’attacco terroristico può colpire qualunque obiettivo, può essere condotto con mezzi non costosi (cariche esplosive, armamento leggero, aggressivi chimici o batteriologici, sequestri di persona, ecc.), non richiede la disponibilità di grandi e visibili arsenali e la sua stessa organizzazione operativa, può essere limitata all’esistenza di una serie di piccoli nuclei facilmente occultabili, da impiegare in una strategia di attacchi a sciame. Pertanto, non consente di applicare, nei suoi confronti, alcun tipo di strategia della deterrenza, come accade per i conflitti simmetrici convenzionali o nucleari, perché, una volta subito l’attacco terroristico, chi è stato colpito, non sa dove e come condurre alcuna azione di ritorsione.
La strategia che può essere adottata, tenuto conto delle caratteristiche della minaccia terroristica, può essere solo quella basata su: PREVENZIONE, PROTEZIONE, RESILIENZA, dal momento che non può essere adottata, proprio per le caratteristiche della minaccia, una strategia di ritorsione e deterrenza.
In attesa che, in ambito internazionale, si realizzi in sede Europea, in sede Nato e anche nell’ambito di quella coalizione antiterrorismo islamico prima auspicata al para 1, una strategia di contrasto internazionale, è necessario definire una linea operativa nazionale, da inserire nel contesto internazionale delle esistenti alleanze (UE e NATO) o di nuove ad hoc che dovessero costituirsi, fermo restando la partecipazione nazionale alle iniziative di carattere strategico politico/diplomatiche, prima indicate.
FORZE A DISPOSIZIONE
- Struttura intelligence;
- Forze di Polizia e Forze Armate;
- Magistratura antiterrorismo (a disposizione per l’azione giudiziaria, naturalmente non a disposizione del comando operativo.)
La struttura d’intelligence nazionale e gli organi di intelligence presso le varie forze armate e di polizia, dovranno dar vita ad un ente unico, deputato e dedicato alla attività di intelligence nei confronti della minaccia terroristica. Tale reparto, anche avvalendosi del concorso, della collaborazione e del contributo di tutta la organizzazione di intelligence preesistente, concentrerà la propria azione all’interno della nazione e all’esterno nelle aree alimentatrici della minaccia. Terrà contatti continui con gli organi di intelligence dei paesi alleati nella lotta al terrorismo. La conoscenza dell’avversario, in questa occasione è “conditio sine qua non” più che mai fondamentale e importantissima, per il successo dell’azione di contrasto, basata sulla strategia della PREVENZIONE. Dal momento che nell’ambito dell’azione di contrasto al terrorismo, la funzione dell’intelligence riveste carattere di estrema importanza per la pianificazione e condotta delle operazioni, è necessario potenziare al massimo le capacità dell’organizzazione di intelligence, attraverso un aumento di almeno il triplo delle attuali assegnazioni di bilancio. Per soddisfare tale esigenza, non è necessario prevedere aumenti di spesa per lo Stato, dal momento che le risorse possono essere assai facilmente reperite da un cambio di destinazione di una parte assai modesta delle attuali assegnazioni per la difesa.. Si tratta in sostanza di ridurre le spese per l’acquisizione ed il mantenimento di sistemi d’arma e di unità, adatti a fronteggiare minacce che oggi appaiono molto attenuate e reindirizzare una parte delle risorse al potenziamento delle capacità di intelligence, spendendo in modo assai migliore e con un coefficiente “costo/efficacia” molto più valido, le risorse disponibili. E’ bene notare che, le esigenze finanziarie necessarie per potenziare nel modo sopra accennato la capacità di intelligence, sono, rispetto alle attuali disponibilità per la difesa in generale e per le strutture dedicate all’intelligence in particolate, ripeto, di entità assai contenuta. Si può tranquillamente affermare che la sottrazione di risorse dell’entità prima accennata ridurrebbe e ridurrà, in maniera non compromettente, le capacità operative convenzionali dello strumento di difesa nazionale, le quali peraltro, oltre che ridotte, vanno progressivamente cambiate nella tipologia e nelle capacità operative, al fine di poter disporre di una capacità operativa di contrasto, proporzionatamente efficace nei confronti della potenza e pericolosità delle diverse minacce.
UNIFICAZIONE SOTTO UN UNICO COMAND0 DELL’AZIONE DI CONTRASTO AL TERRORISMO
Contro una minaccia unitaria, è buona norma reagire innanzi tutto con la nomina di un responsabile unitario che guidi l’azione di contrasto. Come facemmo all’epoca della nomina dell’Alto Commissario Antimafia, prima, e della costituzione della DNA e della DIA, poi, al fine di dar vita ad un responsabile unitario che si opponesse alla unitarietà d’azione della criminalità organizzata e, soprattutto, per evitare che ogni magistrato procedesse per suo conto, in una confusione generale. Anche nella situazione attuale, è necessario costituire un organismo decisionale e di guida unitario, dal quale dipenda l’impiego di tutte le risorse in campo.
L’azione di contrasto contro attacchi terroristici, deve essere condotta da un COMANDO UNICO, al quale debbono far capo: le informazioni relative alla minaccia, le predisposizioni di carattere difensivo, l’impiego delle forze sia in interventi di carattere preventivo, sia in interventi diretti nei confronti degli attaccanti.
Dal momento che:
- Le forze disponibili sono sia quelle Armate che quelle dell’Ordine;
- La minaccia può avere origini sia interne che esterne;
- Gli interventi di contrasto possono verificarsi sia all’interno che all’esterno dello Stato (questi ultimi nei luoghi di origine o di preparazione degli attacchi);
- Sono interessati e responsabili, oltre alla Presidenza del Consiglio (DIS), il Ministero degli Interni (Forze dell’Ordine) e il Ministero della Difesa (Forze Armate);
- Il Ministero della Giustizia (Magistratura) è interessato per la parte di carattere giudiziario;
tale Comando deve aver al suo vertice un Comandante responsabile (di provenienza Forze Armate), sostenuto da uno Staff integrato di rappresentanti delle FF OO e delle FF AA e del DIS, organizzato in funzione della gestione delle informazioni, dell’emanazione di direttive di difesa, protezione, resilienza, di preparazione delle forze, della dottrina e delle procedure d’impiego e, infine, della guida delle operazioni di contrasto.
Rimane il fatto che in presenza di fumus criminis o di reati, per l’azione giudiziaria deve essere immediatamente interessata e procedere la Magistratura, la quale si affianca in tal modo nell’azione di contrasto.
EVOLUZIONE DELLA CAPACITA’ OPERATIVA, DELLA TIPOLOGIA, DELLA DOTTRINA D’IMPIEGO, DELLE FORZE.
Il tipo prevalente di minaccia: quella terroristica, impone una progressiva evoluzione della tipologia dello strumento di difesa, (specie in ambito Forze Armate), in termini di: unità, sistemi d’arma, addestramento e preparazione professionale. Tale evoluzione dovrà essere basata sul potenziamento delle capacità idonee alla lotta contro il terrorismo e al depotenziamento delle capacità di contrasto alle minacce che nel tempo si sono attenuate (soprattutto quella convenzionale classica), pur prevedendo il mantenimento di una valida capacità anche in tali settori, specie per eventuali esigenze in operazioni di pace. Tale evoluzione, peraltro già in corso, deve essere il più possibile accelerata, considerate le dimensioni che, la minaccia terroristica va assumendo e promette di assumere in futuro.
Settori di evoluzione
Forze speciali
L’entità delle forze speciali, particolarmente idonee per interventi contro elementi e procedimenti terroristici, deve essere, fortemente aumentata. Nel tempo, alcune Brigate leggere, attualmente impostate su mezzi e capacità operative convenzionale, debbono diventare unità di Forze speciali. Conseguentemente andrà adeguata la tipologia dei sistemi d’arma e la preparazione operativa. In tal modo, si potrà raggiungere una disponibilità di forze assai superiore a quella attualmente esistente e tale da assicurare una adeguata copertura di potenzialità di intervento operativo su scala nazionale. Inoltre, la disponibilità di tali forze, costituirà anche elemento idoneo ad interventi per eventuali azioni in operazioni internazionali o per attacchi preventivi.
Velivoli non pilotati
Deve essere portata ad un livello molto superiore all’attale, la disponibilità di velivoli non pilotati, sia con capacità ricognitiva per il controllo d’area terrestre o marittima, sia con capacità d’attacco, contro basi d’addestramento o di partenza di azioni terroristiche, in sostituzione progressiva, seppur contenuta, di velivoli pilotati.
Sistemi missilistici antiaerei e antimissili
In funzione del contrasto ad una, seppur limitata minaccia, soprattutto missilistica con testate di distruzione di massa, appare opportuno integrare l’attuale capacita di difesa, soprattutto con sistemi di difesa antimissile.
Naviglio di superficie
Per operazioni di controllo d’altura limitata, per vigilanza costiera, per controllo immigrazione irregolare, per azioni anti pirateria, per azioni rapide di attacco preventivo, è necessario dotarsi di naviglio leggero con capacità d’imbarco di un reparto d’impiego di fanti di mare e di un elicottero medio. Tali unità dovranno essere anche dotate di sistemi missilistici per attacchi contro basi terroristiche.
Reparti elicotteri
L’elicottero costituisce oggi, sia per l’attacco diretto contro piccoli obiettivi di carattere terroristico, sia per il trasporto tempestivo ed aderente di unità di intervento di forze speciali, un sistema di grande efficacia nella lotta contro attacchi terroristici. Ne deriva la necessità di acquisire per l’impiego, soprattutto per le forze di intervento, di un elevato numero di sistemi elicotteristici, superiore a quello attualmente in dotazione.
Il costo per le nuove esigenze di addestramento ed equipaggiamento, potranno essere comodamente coperte dai risparmi ottenuti dalla riduzione delle spese per acquisto e mantenimento di sistemi non più essenziali.
LINEA STRATEGICA LEGISLATIVA
Poiché le decisioni e le azioni e gli attacchi da parte dell’estremismo islamico hanno creato una vera e propria situazione di guerra, è necessario che vengano adottate misure legislative del tipo di quelle adottate durante lo stato di belligeranza. Sarà quindi necessario individuare le fattispecie di reato e le relative pene che dovranno essere tanto elevate quanto quelle previste nei confronti di chi commetta atti di guerra contro la Nazione Italiana.
Infine, essendo la minaccia terroristica una minaccia a carattere globale che può colpire tutti e tutto in seno alla società nazionale, è necessario che ciascun cittadino si senta coinvolto e partecipe. Senza la diffusione di stati di panico o di eccessiva tensione, pur continuando a vivere normalmente, ognuno dovrà svolgere una attività di indispensabile collaborazione, ponendo l’attenzione a comportamenti strani, inusuali, inconsueti segnalandoli alle Forze dell’Ordine.
Sen. Luigi Ramponi