27 luglio 2016
Anche questa estate calda e afosa è stata funestata da gravi episodi di violenza, aventi aspetti per molti versi, assai simili ad attentati terroristici. Il terrorismo è una forma di lotta adottata da chi non dispone di grandi risorse e di grandi apparati bellici da gettare nella lotta, e si avvale di mezzi con conseguenze egualmente nefaste e feroci, ma molto meno costosi e la cui organizzazione è semplice e, teoricamente, addirittura alla portata di chiunque.
I recenti episodi di Nizza, Monaco e violenza su un treno tedesco, costituiscono nella realtà episodi assolutamente sporadici di violenza da parte di tre esaltati o psichicamente labili, in una situazione sociale europeo di più di cinquecento milioni di persone, viventi in un ambiente aperto e quindi facile per aggressioni di questo tipo. Non si tratta né di minimizzare nè di cinismo. Per carità. I tre episodi sono gravissimi nella loro essenza ed estremamente pericolosi in un sistema di vita liberale e pacifico, ma rimangono episodi che vanno visti e giudicati con serenità e senso di responsabilità ed equilibrio.
Dico questo perché ritengo giusto reagire all’enorme clamore suscitato, soprattutto da radio e televisione, i quali, impadronitisi della notizia, costruiscono attorno ad essa un enorme castello di chiacchere, di illazioni poi smentite, di giudizi avventati sulle forze dell’ordine, sull’entità del fenomeno, esagerandone la portata o allargando a tutt’Europa il pericolo che affermano essere immanente e generale.
Gli artefici e i manovratori di tale cassa di risonanza sono una pletora di autonominatisi esperti, formatisi al calduccio di qualche studiolo, che mai hanno dovuto affrontare un reale problema di intelligence o di sicurezza per la società e che, in stretta collaborazione con i presentatori e i conduttori di radio e televisione, (altri autonominati esperti), formulano pareri, critiche, proposte, suggerimenti, mentre coloro che, in silenzio operano per la sicurezza della società, comunicano quanto è necessario comunicare e non partecipano alla fiera delle chiacchere che si scatena puntualmente dopo ogni episodio.
Compaiono cosi, improvvisamente, per esprimere giudizi e pareri, professori universitari, ricercatori, studiosi di varia estrazione, i quali certamente conoscono assai meno dei responsabili della sicurezza gli elementi che riguardano direttamente o indirettamente l’episodio, non si sono mai dovuti cimentare nel contrasto ad episodi terroristici o di ordinaria violenza, sono dotati di una intelligenza che, mi auguro, può essere pari a quella dei responsabili di vertice della sicurezza della società, e, pur tuttavia si ergono spesso, in collaborazione coi conduttori radio e televisivi a giudici critici o a fomentatori di paure.
Rarissimamente nelle trasmissioni si citano i comunicati degli enti responsabili, comunicati che costituiscono il vero quadro degli accadimenti. Il discorso è sempre troppo corto, non lascia spazio a fantasie e quindi serve poco alla trasmissione il cui scopo, purtroppo, non è più quello di informare ma è diventato quello di attrarre, magari con voli pindarici e panzane.
Subito dopo l’accadimento del fatto luttuoso, scatta la ricerca di chi ha sbagliato, del fallimento dei responsabili della sicurezza, degli errori commessi per negligenza e incapacità, senza capire che l’organizzazione di vita della nostra società comporta una alta vulnerabilità e favorisce i malintenzionati, al punto che, con tutta la buna volontà, è impossibile garantire una assoluta sicurezza, è impossibile bloccare qualsiasi attentato.
Una delle affermazioni ricorrenti dopo un attacco di natura terroristica denuncia la “mancata collaborazione tra gli organi di intelligence dei diversi Partners europei.” Mi chiedo: crediamo veramente che i capi dei servizi delle diverse nazioni della U.E. , di fronte al pericolo terrorismo che riguarda l’intera Europa, non ritengano di collaborare ed abbiano bisogno del suggerimento o richiamo da parte di qualche sprovveduto e ignorante politico o da parte di qualche professorino universitario? Già all’epoca di quando dirigevo il servizio, la collaborazione in ambito europeo e Nato era al massimo, naturalmente per il contrasto delle minacce di allora. Non è certamente diverso oggi. Il vero problema è rappresentato dal fatto che sulle matrici, origini e focolai terroristici, è assai difficile sapere. Ne deriva la necessità di potenziarne l’attività.
Quando l’episodio luttuoso vede come protagonisti individui psichicamente instabili, allora si evocano fallimenti delle politiche sociali, di preparazione dei giovani, d’inserimento ecc., non considerando che ogni generazione ha in sé una limitata ma sempre esistente percentuale di persone sfortunatamente, psichicamente labili o dotate di istinti perversi.
Nella realtà poi tutto questo castello di chiacchere si esaurisce giorno per giorno, ma ha un suo aspetto negativo: quello di disinformare, di diffondere false credenze creando ansia e sfiducia nella pubblica opinione.
Sarebbe opportuno che gli operatori degli organi di informazione assumessero un atteggiamento più responsabile, che i vari interpellati si limitassero a parlare di ciò che veramente conoscono, senza trinciare giudizi su ciò che non sanno e che si desse conto e notizia soprattutto dei comunicati e delle dichiarazioni di coloro che hanno la responsabilità della sicurezza della società e ben conoscono la realtà dei fatti. Senza creare confusione e disinformazione.
La difficile situazione attuale, va affrontata con equilibrio e serietà. Da una parte potenziando e sostenendo gli organi addetti alla sicurezza : Intelligence e forze di difesa e protezione e, dall’altra, informando con correttezza i cittadini, senza cercare ad ogni costo lo spettacolo anche negli episodi violenti e luttuosi.
On. Gen. Luigi Ramponi