Dall’11,8 al 98,08% di principio attivo: si taglia appena oppure tante volte la cocaina che gira a Tor Bella Monaca. Dice uno dei pochi pentiti: “spacciavano merda e stavano rovinando la vita di tante persone, compresa la mia”. WikiLao ha radiografato questo mercato milionario del male, documenti alla mano.

QUANTO COSTA AI BOSS
I prezzi all’ingrosso della cocaina oscillano dai 35-39 mila ai 50 mila euro al chilo. Le cifre possono cambiare. Sono diverse, ad esempio, rispetto a Milano, Torino o altre città. Dai verbali delle inchieste calabresi si viene a sapere che quando un trafficante ha un rapporto affidabile con il fornitore sudamericano può ricevere maxisconti che gli fanno pagare la coca anche 1.200 euro al chilo.

RUOLI, PAGHE E DOSI

La regola generale è che tutti possono fare tutto, purché non si pestino altri piedi. Ovviamente i via libera dipendono dai vertici dell’organizzazione alla quale si appartiene. I compiti vanno dall’assemblaggio di utenze telefoniche dedicate, alla custodia di droga (e a volte armi); dalla preparazione e confezionamento delle dosi, alla distribuzione della ‘retta’ (si tratta della quantità da spacciare). Poi si devono riferire le disposizioni del capo, gestire le piazze, arruolare pusher, organizzare turni. E ancora: bisogna fare vedetta, concedere e recuperare credito, conservare la contabilità, spostare lo stupefacente, rifornire e ritirare denaro; è addirittura previsto di essere comandati a scendere in strada a fare confusione nel caso stiano arrestando qualcuno.
Per tutte queste attività serve un piccolo esercito, come ha raccontato un boss, rivelando che gli costava 18 mila euro alla settimana di stipendi.

Di solito un pusher spaccia due ‘pallette di roba’ al giorno. Un pacchetto conta generalmente venti pezzi e l’altro cinque. Nel primo le dosi sono del peso di 0,30 (o 0,20-0,25) grammi e vengono vendute al prezzo di 20 euro ciascuna. Nel secondo si trovano 0,50 grammi di sostanza. Il prezzo è, in questo caso, di 70 euro. A cose fatte il ‘soldato’ intasca 100 euro, al capo ne vanno 550.

Di solito, per i ‘pali’, i turni orari sono dalle 10-16 e dalle 16 alle 4 del mattino dopo. Quando ci sono guardie in vista scatta l’avvertimento con i walkie-talkie, oppure fischiando, inviando un sms o direttamente chiamando sul telefonino. La paga è intorno ai 700 euro alla settimana (che possono diventare anche 30 al giorno). Vengono piazzate due vedette a spacciatore. Per lui l’orario può essere articolato su tre fasce: 10-16, 16-22 e 22-04. Altrimenti dalle 10 alle quattro del pomeriggio e poi sino alle 22. La droga può fornirla l’organizzazione, tenendo a stipendio il pusher, oppure può essere comprata dallo spacciatore che gode di più indipendenza e che la rivende ai suoi clienti, sovente ‘coccolati’ con una specie di servizio di customer care che include messaggini augurali di buone feste, con l’invito di tornare presto a rifornirsi di stupefacente.

La droga viene nascosta nel battitacco delle scale, nel vano dell’ascensore, nei pacchetti di sigarette, nei tappi delle bottiglie, nelle aiuole, nei vasi, nelle auto in disuso, nei tunnel e nei garage di Tor Bella Monaca. Ai parenti di chi finisce agli arresti viene garantito uno stipendio: 150 euro alla settimana se il membro dell’organizzazione è in carcere, 100 se gli sono stati concessi i domiciliari.
Bonus vengono inoltre stanziati sotto Natale e a Pasqua. I più ‘meritevoli’ sono messi sotto falso contratto per ottenere permessi di lavoro e uscire dal penitenziario in cui sono detenuti.
Se però sono stati degli agenti in divisa a far scattare le manette, allora i trattamenti speciali non sono più erogati. Un conto è finire in una trappola tesa dagli uomini delle forze dell’ordine che agiscono in borghese se non sotto copertura. Altra cosa è distrarsi o commettere leggerezze.

I NOMI IN CODICE

Tutto viene chiamato con altre parole: lo stupefacente, la piazza, le armi e gli ‘sbirri’. In alcune delle indagini recenti è emerso che la droga era indicata come farina, pasta fatta in casa, benzina. Ci si riferiva a “fare la spesa”, “prendere un caffè”, “comprare del pane”, “andare a prendere la pupa” o “la ragazzina”. La piazza di spaccio? “La mamma da controllare”.

Gli esponenti delle forze dell’ordine sono i “lupi”, o i “fuochi d’artificio”. I poliziotti sono “laziali”, i carabinieri “milanisti”. “Macchia” era il maresciallo della stazione dell’Arma a Tor Bella Monaca. Quando arrivano, “piove”, “diluvia”, c’è “brutto tempo”. E quindi si avverte che occorre “parcheggiare bene”, che nello slang dello spaccio vuol dire che bisogna passare inosservati. Le armi si richiamano a oggetti innocenti: “biciclette” o “giocattoli”. Mentre chi viene catturato “ha avuto l’influenza” se va in carcere, o “è uscito dalla malattia”, quando lascia la galera.

29 Gennaio 2018

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