Un attacco aereo americano ha colpito un gruppo di otto terroristi dello Stato islamico, compreso “un leader”, a Murzuq, una città nella Libia centro-meridionale. La notizia è riportata ufficialmente da AfriCom, che spiega che l’azione è avvenuta ieri, ma il comando del Pentagono che copre il quadrante africano fa di più, usa una semantica studiata che prende un valore politico che val la pena sottolineare prima di andare avanti.

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La Difesa americana parla di un bombardamento avvenuto “in coordinamento con il Governo di accordo nazionale (Gna, ndr)” e più avanti specifica che non permetterà ai terroristi baghdadisti di usare l’attuale conflitto in Libia come copertura e “insieme ai nostri partner libici” continueranno queste attività.

Sono puntualizzazioni importanti, perché il Gna è il governo guidato da Fayez Serraj, che recentemente è stato in visita in Italia, e costruito dall’Onu con un piano per rappacificare il paese. Noto comunemente come “il governo di Tripoli”, il Gna è da oltre cinque mesi sotto attacco da parte del signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, che ha tentato uno scacco matto sulla capitale per diventare il nuovo rais.

Haftar ha giustificato la campagna su Tripoli – in realtà frutto di un’ambizione egemonica – come un’azione per liberare il paese dal terrorismo, ma ironia della sorte ha riattivato alcune cellule dello Stato islamico, che dall’inizio della guerra civile (come spiega AfriCom) ha cercato di crearsi spazi per creare proseliti e compiuto svariati attacchi, spesso concentrati nell’area attorno a Murzuq e Sebha (pochi chilometri a Nord).

Il fatto che il Pentagono, per diffondere la notizia del primo attacco pubblico dal 29 novembre 2018, scelga di iniziare sottolineando che l’azione è avvenuta in coordinamento con il Gna è un punto a favore del governo onusiano tripolino, in questo caso un definito tra i “partners”, e uno sfavore di Haftar – che pure, in una conversazione telefonica dai contorni piuttosto misteriosi e arrivata a metà luglio sotto pressioni di Riad e Abu Dhabi, aveva ricevuto una sorta di investitura nel campo dell’anti-terrorismo da parte della Casa Bianca (forse per bocca di John Bolton, il consigliere per la Sicurezza nazionale ora tagliato fuori dal suo ruolo).

Nelle ultima settimane, quelle seguite alla nomina del nuovo ambasciatore Richard Norland, gli Stati Uniti hanno ripreso in mano il dossier libico secondo traiettorie più aderenti al programma Onu e dunque al Gna. Il diplomatico statunitense sta svolgendo un’attività più assertiva, ha incontrato Serraj insieme al comandante dell’AfriCom, Stephen Townsend, per esempio.

Già nel 2016, i militari americani hanno agito contro lo Stato islamico in stretta collaborazione con le forze armate della città-stato di Misurata, il centro del sostegno politico-militare dietro al Gna: in quell’occasione fu creata una campagna ibrida per liberare la roccaforte di Sirte, dove i baghdadisti avevano piazzato il terzo hotspot più importante dopo Raqqa e Mosul. Forze speciali americane (accompagnate da altri colleghi occidentali) conducevano a terra le operazioni dei miliziani misuratini anti-Is, mentre i caccia decollati dal Mediterraneo e da Sigonella martellavano le postazioni del Califfato.

L’Italia aveva inviato durante quella poderosa battaglia l’ospedale militare che è attualmente funzionante all’interno del perimetro dell’aeroporto di Misurata. Si trattava in quel momento di un appoggio fondamentale, curare i feriti, ma anche adesso permette assistenza ai civili: Haftar ha più volte bombardato negli ultimi due mesi l’area, facendo cadere le bombe a poche centinaia di metri dai medici militari italiani.

(Foto: Facebook, pagina ufficiale del Gna, incontro tra Serraj, Norland, Townsend)

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