Ricevono consigli terribili i disperati che si affidano ai network criminali che vendono loro il sogno di una vita diversa, lontana da guerre e miserie. Finiti nelle grinfie dei trafficanti, sono prima messi in costante pericolo di vita con lunghi e pericolosissimi viaggi per deserti e mari, poi vengono spinti a bruciarsi i polpastrelli delle mani. Sono molti i casi del genere segnalati, ormai anche dal fronte orientale del flusso migratorio che investe l’Europa.
L’obiettivo è quello di non far identificare i migranti nel Paese di accesso reale all’UE, dove, secondo le regole, andrebbero presentate la domande di asilo. Il fatto è che però la grandissima parte degli extracomunitari non vuole restare in Italia o in Grecia, pensando invece, come destinazione ultima del viaggio, il nord Europa (sia per raggiungere famiglie e amici che per le migliori condizioni assicurate ai profughi lassù).
Per dare un’idea: lo scorso anno – secondo quanto viene riferito – hanno presentato richiesta di asilo all’Italia 1.024 siriani ed eritrei, a fronte dei 73.038 effettivamente arrivati.
I trafficanti sono chiari con i loro ‘clienti’: “non dovete farvi identificare prima di aver raggiunto il Paese in cui volete rimanere”. Suggeriscono perfino di ribellarsi in massa ai controlli – come è già capitato – nel tentativo di far desistere gli operatori delegati al rilevamento delle impronte digitali.
L’altra indicazione: se non si è partiti dall’Africa subsahariana, dirsi siriani, anche se non è vero. Gli organizzatori dei viaggi conoscono bene la differenza tra profugo e migrante economico. Sanno che l’uno ha molti più diritti dell’altro, leggi internazionali in primis alla mano.
In Grecia, per esempio, una normativa consente a chi arriva dal conflitto siriano di restare per sei mesi, anche senza presentare la domanda di asilo. Una richiesta peraltro avanzata nel 2014 soltanto da ottocento persone sui 28mila sedicenti siriani arrivati. Sedicenti perché indagini a campione sulle dichiarazioni di nazionalità effettuate sulle isole elleniche di Samo e Lesbo e ai confini bulgaro-turchi hanno rivelato che più del settanta per cento delle volte il siriano non era in realtà siriano, ma iracheno o marocchino.
(Foto: ANSA)
24 Ottobre 2015