Terroristi e gruppi eversivi di varia natura “hanno preso coscienza dei controlli degli apparati dello Stato”, dice una fonte qualificata a WikiLao. Se gli islamisti usano sempre più spesso Viber e PalTalk per comunicare fra loro, nella galassia anarco-insurrezionalista si seguono i dettami di un manuale rivenuto nel corso di diverse perquisizioni: Crypt’r die – così è stato chiamato – si prefigge di fornire “consigli per difendersi dalla repressione digitale”, partendo dal presupposto che “la profilazione commerciale va a braccetto con una schedatura di massa”.
“Monitorando la Rete la polizia cerca soprattutto di capire quali sono i soggetti più attivi all’interno di un gruppo, al fine di rendere più facile un’attività di contrasto”, si legge nel documento, che invita alla circospezione nell’uso degli strumenti informatici, sottolineando che le forze dell’ordine “preferiscono sequestrarti il computer per fare analisi approfondite”, in grado di farle “facilmente accedere alle password che hai salvato sul tuo computer, ai tuoi documenti, alla cronologia (del browser, delle chat, eccetera) e, se usi un client di posta, alle tue e-mail”. “Sta a te fare in modo che queste analisi non portino a nulla!”, è il richiamo contenuto nel testo, col quale si consiglia di criptare il disco del computer, di cifrarne i dati e di passare all’uso di software meno penetrabili dai malware, “che permettono l’accesso completo al PC e, di conseguenza, anche a tutti i nostri dati”. “La polizia li utilizza per controllare gli indagati attraverso webcam e microfono”.
Crypt’r die consiglia di abbandonare Windows “a favore di un sistema operativo open source come GNU/Linux eed acquisire un po’ di destrezza nel suo utilizzo”, perché anche “Mac OS X non è esente da attacchi”. Alternativamente vengono suggeriti i software Freepto (“è un sistema operativo completo dentro una penna usb. La puoi usare da qualsiasi computer ed avrai tutto ciò che ti serve”) e Tails (“se pensi di trovarti in una situazione che meriti una paranoia aggiuntiva”).
Circa l’Instant Messaging: “la tua privacy è totalmente gestita dalle aziende a cui ti affidi; non c’è alcun buon motivo per credere che di fronte alla richiesta della magistratura intraprendano delle azioni per la tua tutela”, si afferma, indicando però delle soluzioni.
“I server autogestiti A/I e Riseup offrono ai loro utenti Jabber (XMPP), uno strumento molto diffuso di Instant Messagging. Inoltre, per aumentare la tua privacy puoi utilizzare OTR (Off-the-Record), una tecnologia che permette la cifratura di tutte le tue conversazioni in maniera semplice”.
Crypt’r die si sposta poi sulla ‘sicurezza’ dei mobile devices, suggerendo, ove possibile, di usare carte telefoniche prepagate da un cellulare intestato ad un’altra persona. “I tabulati telefonici e gli sms di ciascun cittadino – si legge nel manuale – sono archiviati per almeno 2 anni (spesso di più) e sono accessibili in qualsiasi momento dalla polizia. Questi dati, apparentemente innocui, sono in realtà utilissimi anche semplicemente per individuare nuovi soggetti da sorvegliare”.
“Tutte le telefonate effettuate sono intercettabili” e la cosa “viene ampiamente sfruttata: benché solo una piccola parte di esse sia utilizzabile come prova in sede processuale, le intercettazioni sono particolarmente diffuse a scopo investigativo, anche nei confronti di chi non è indagato. Per concludere, sebbene le telefonate siano molto monitorate, sono leggermente preferibili agli sms”.
“In particolare – continuano gli estensori del documento – ci sentiamo di sconsigliare fortemente gli smartphone BlackBerry ed Apple. Anche quelli con Android non sono esenti da problemi, ma lasciano la possibilità di un uso abbastanza sicuro ad un utente cosciente”.Si consiglia invece di scaricare l’app per Android chiamata Obscuracam (“rende semplicissimo e semi-automatico l’offuscamento delle facce e ti permette di editare velocemente le foto prima di pubblicarle online”). Questo perché “se fai degli scatti con il tuo smartphone durante un corteo” vanno editati, “in modo da rendere i volti delle persone irriconoscibili”. “Nei processi contro gli attivisti i riconoscimenti attraverso le foto rappresentano spesso una prova decisiva”. “Non sempre puoi prevedere l’esito di un corteo, per questo motivo se pubblichi ‘in diretta’ le tue foto sui social network ricorda sempre che possono mettere in pericolo le persone coinvolte anche se stai fotografando una situazione al momento tranquilla; ad esempio potrebbe succedere di fotografare una persona che si è assentata dal posto di lavoro per essere in piazza, e la diffusione di questa foto potrebbe causargli molti problemi”.
(Foto: ANSA)
18 Ottobre 2015